giovedì 17 ottobre 2013

All Or Nothing

You tell them what the men home from the war told you once upon a time. Keep striving. Don't quit. Anything is possible.
You tell them that if they work together they can achieve something special, something that endures.

You tell them about the Bulls of '58.

La University at Buffalo nel college football, è avvolta nell'anonimato del suo piccolo programma sportivo senza troppe pretese. Nel suo primo mezzo secolo o poco più di vita, ancora si chiamava University of Buffalo e non faceva parte del sistema universitario dello stato di New York, le sue squadre avevano infilato buone stagioni negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale da indipendenti, poi nulla più fino all'arrivo sulla sideline di Dick Offenhamer nel 1955 direttamente dal football di high school.
Dick lavorò bene, lavorò per dare onesti risultati ad un college che non aveva mai avuto grandi tradizioni e che nei suoi 120 anni di vita riceverà solo due inviti ad un bowl.
Nel 1958, alla sua quarta stagione da HC, Offenhamer portò Buffalo ad un lusinghiero 8-1-0 nelle nove partite di regular season aggiudicandosi la Lambert Memorial Cup come il miglior programma collegiale di piccole dimensioni nella parte orientale degli Stati Uniti, i due capitani di origini italiane Nick Bottini e Lou Reale ricevettero il trofeo nel corso di "The Ed Sullivan Show": il programma nella sua interezza festeggiò sentitamente perchè era la seconda miglior stagione della sua storia ma soprattutto era la prima in assoluto in cui Buffalo si rendeva elegibile ad un bowl.
Mike Wilson
Qualche giorno dopo, infatti, i Bulls furono invitati ufficialmente ad affrontare i Florida State Seminoles nella tredicesima edizione Tangerine Bowl ad Orlando, nell'impianto del Citrus Bowl.
Quando già si pensava alle divise da sfoggiare giù in Florida ed alla logistica per la banda musicale della scuola, gli organizzatori fecero sapere all'università che non avrebbe potuto schierare lo starting halfback Willie Evans ed il defensive end di riserva Mike Wilson.
Motivazione? La Orlando High School Athletic Association, tenutaria del Citrus Bowl, vietava la promiscuità razziale nelle sue attività sportive, Evans e Wilson erano afroamericani, di conseguenza o Buffalo lasciava a casa i suoi due ragazzi troppo scuri di pelle, o non scendeva in campo per il primo bowl della sua storia.

A nulla valse la rimostranza della Orlando Elks Lodge, sponsor della gara: l'associazione rimase inamovibile nel suo divieto. Ricorda la guardia Phil Bamford:
"We weren't the same team without Willie and Mike, whether they were benchwarmers or stars, we wouldn't have been the same team."
Joe Oliverio, il QB della squadra, era stato il primo della sua famiglia ad andare al college. Veniva da North Tonawanda, un sobborgo tra Buffalo e Niagara Falls. I suoi genitori erano, come si intuisce dal cognome, immigrati italiani di prima generazione che abitavano in un quartiere di immigrati quasi tutti italiani, comunque bianchi. La maggior parte dei ragazzi neri che aveva incrociato abitava in città, e veniva affrontato, ai tempi della high school, solamente sul campo, per cui per i ragazzi, il contatto con il mondo della segregazione razziale, se non il contatto tra i gruppi etnici, era per lo più intuito ma non toccato, fino all'arrivo nel variegato mondo universitario.
Anche per Oliverio la vita universitaria e la possibilità di giocare con i Bulls furono il disvelamento di un mondo nuovo: bianchi e neri vivevano, studiavano, si allenavano e giocavano insieme. Si mangiava assieme ad un compagno di colore, si passava il tempo libero, le serate, le nottate, assieme ad irlandesi, italiani, afroamericani... l'abbattimento dei pregiudizi, il disvelamento di un mondo diverso dai campanili visti fino a quel punto: era l'uscita dall'esistenza del quartiere per entrare in quella del mondo. 
"We were aware of what was going on in the country. But there was very little coverage where we were, it was absolutely incredible to us to think that another human being could be treated differently for the color of his skin."
Willie Evans
Evans veniva da downtown Buffalo, dalle parti di Purdy street, dove molti dei reduci di guerra furono suoi "genitori" quasi al pari dei suoi veri genitori, facendolo sentire parte di una comunità afroamericana che stava facendo la sua parte nella costruzione della più grande comunità americana. Evans aveva giocato a basket prevalentemente, oltre a dedicarsi all'atletica, ed era arrivato all'università con appena un anno di football alle spalle. Al primo allenamento quando Offenhamer gli aveva chiesto una dive lui si era buttato per terra, anzi, si era "tuffato" per terra. Nell'anno da freshman giocò 3 minuti e 41 secondi, come ama sottolineare con precisione, mentre nelle tre stagioni a Buffalo chiuse con più di 1500 yard corse e 15 TD.
Bamford ricorda che:
"We didn't look at the outside, we lived together and worked together and struggled together, so we saw the inside of each other."
Contro Harvard
E la stagione, con quelle premesse iniziò ad Harvard con la prima sorpresa: una vittoria nel fango per 6-3, davanti a duemila anime, poi altre due vittorie con Cortland e Western Reserve, poi l'amara sconfitta nell'homecoming con Baldwin-Wallace, allenata dal padre di Jim Tressel, Lee, per 26-0 che segnò in positivo la squadra, che non giocò più gare punto a punto, prendendo letteralmente il volo: Columbia, Temple, Wayne State, LEhigh e Bucknell.
Non essendoci stelle nella squadra, e non essendoci ambizioni personali, appare naturale l'andamento della squadra come appare naturale quello che decise la squadra stessa riguardo all'offerta del Tangerine Bowl, fu il logico proseguimento della stagione di lavoro e sacrifici che avevano appena concluso assieme: Dick Offenhamer lasciò quindi alla squadra la scelta se accettare o meno l'offerta, per alcuni sarebbe potuta essere una grandissima vetrina, per altri il coronamento di una carriera sportiva spesa non certo sotto i riflettori di programmi di football prestigiosi. I giocatori si riunirono nel seminterrato del Clark Gymnasium per decidere e quando i capitani Bottini e Reale si presentarono con dei biglietti in cui esprimere il voto segreto, i giocatori rifiutarono di compilarli.
All'unanimità, e senza nascondersi, respinsero l'offerta. All or nothing.

Fu un attimo che accese di nuovo i riflettori su coloro che erano stati grandiosi sul campo, e che furono superlativi nel loro lato umano, Willie Evans fu poi draftato dai neonati Bills della AFL ed ebbe un compagno che veniva da Ole Miss che si rifiutava di parlargli perchè di colore, simili episodi di razzismo strisciante ci furono anche quando prese servizio come insegnante, come se stesse "rubando" il mestiere ad un onesto professore bianco. Evans non si è mai scomposto, anzi, forse ha addirittura ridimensionato tutto questo rispetto al suo sentire, per lui quello che è contato, in quell'esperienza sportiva terminata con quel grande gesto di solidarietà, fu quello che lui ed i suoi compagni avevano fatto dentro il gridiron:
You appreciate the way your teammates responded in rejecting the bowl bid. You do. You feel that affection and commitment, and it brings you true joy even now. But to hell with the idea that what you had with them had to be put to a vote at all. [...]. The vote isn't your story. The game you didn't play is nothing next to the games you did play, nothing next to the feeling when the the gun went off and your effort, and the effort of every man on your side, was enough to win.




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