mercoledì 10 aprile 2013

1966 Notre Dame Fighting Irish vs. Michigan State Spartans

Nel football fioccano i "game of the century" , l'abuso di questa terminologia va a danno di quelle che sono state veramente gare che hanno fatto la storia di questo sport, che sono rimaste scolpite newlla memoria degli appassionati, che ancora fanno salire la pelle d'oca a chi ne rivede i fotogrammi.
1966.
I Beatles a Candlestick Park, gli Stati Uniti che bombardano il Vietnam del Nord, l'alluvione di Firenze.
Il football di college lasciò il suo segno nell'anno con la gara, considerata tra le più grandi e controverse, tra Michigan State e Notre Dame, giocata il 19 novembre allo Spartan Stadium.

Notre Dame, il cui ultimo titolo nazionale risaliva al 1953, si presentò a East Lansing fregiandosi del #1 per AP e Coach, trovandosi di fronte ai campioni nazionali e #2 Michigan State (nonostante la sconfitta al Rose Bowl di undici mesi prima con UCLA 14-12).
La fame dei Fighting Irish contro la storia ed il vantaggio del campo per gli Spartans.
Era la prima volta da vent'anni che i media rispolveravano "Game of the Century" per questa gara che il caso volle si giocasse l'ultima settimana, anche perchè di solito Notre Dame giocava l'ultima con Iowa sin dal 1945.
Dopo il 1964 gli Hawkeyes declinarono e Michigan State di rese disponibile per completare la schedule di Notre Dame per il biennio 1965–66. Ad ulteriore testimonianza di quanto a sorpresa arrivasse quella specie di finale per il titolo nazionale, nessuna delle due squadre aveva scelto quella gara come diretta TV né a livello nazionale né a livello locale: Notre Dame si era giocata la TV sulla gara inaugurale di stagione contro Purdue. 50.000 lettere convinsero la ABC a mandare in onda la gara in differita, mentre allo stadio si presentarono oltre 80.000 persone: non male per un impianto che aveva una capienza di 76.000 spettatori...

La gara fu dura, il quarterback degli Irish Terry Hanratty fu messo fuori gioco nel primo quarto da un sack di Bubba Smith, andò a fare compagnia in infermeria al running back Nick Eddy, che era rovinato a terra scendendo dal treno sulla banchina ghiacciata della stazione di East Lansing, ed aveva una spalla fuori uso. Il centro George Goeddeke li raggiunse procurandosi una distorsione alla caviglia durante un punt. Michigan State si portò sul 7–0 grazie a un touchdown da 5yards su corsa di Regis Cavender a 1:40 del secondo quarto, a cui si aggiunse un lungo field goal segnato dal piede scalzo del kicker hawaiano di MSU Dick Kenney.
Iniziarono a volare rotoli di carta igienica come stelle filanti, le endzone dovettero essere ripulite, ed anche le menti dei ragazzi di Notre Dame, annichiliti dagli infortuni e dalle segnature dei padroni di casa. I Fighting Irish trovarono prima dell'intervallo lungo uno splendido touchdown su passaggio di 34 yards del QB di riserva Coley O'Brien, che filò tra le braccia del safety Jess Phillips e si posò tra le mani del l'halfback Gladieux riaccendendo le speranze di Notre Dame.
Il terzo quarto non portò a segnature, ma gli ospiti pareggiarono la gara al primo possesso del quarto quarto con un field goal da 28 yards di Joe Azzaro. I sogni di gloria di MSU si infransero su un passaggio di Jimmy Raye per Gene Washington, troppo veloce rispetto al lancio, costretto a tornare sui suoi passi per riceverlo e prontamente bloccato dalla difesa ospite, Notre Dame fallì con Azzaro un field goal da 41 yards, che sfiorò letteralmente il palo destro, ma con un minuto abbondante di gioco, i Fighting Irish ebbero la possibilità di un ultimo drive dalle proprie trenta.
Circa 40 yards dividevano Notre Dame da un punto in cui un tentativo di field goal avrebbe portato alla vittoria, ma coach Ara Parseghian, usando prudenza, non rischiò turnover che sarebbero stati sanguinosi in quel punto del campo e lasciò correre il cronometro fino a zero, preservando, con quel pareggio, il #1 del reanking.

La strategia prudente di Parseghian, a distanza di quasi cinquant'anni, riaccende discussioni e polemiche mai del tutto sopite. Il coach ha sempre difeso le sue scelte, nonostante questo abbia lasciato in molti fans l'impressione di un'opera lasciata incompiuta.
Se andate dalle parti di East Lansing, molti vi diranno che Parseghian si comportò da codardo non giocandosela fino alla fine (qualche anno più tardi un altro coach di ND, Lou Holtz, sui pareggi si espresse così "dicono che pareggiare è come baciare la propria sorella, io penso che sia sempre meglio che baciare il proprio fratello"), ed in effetti in quei momenti il motto "play like a champion" non potè certo essere messo in atto dai ragazzi di Notre Dame, Dan Jenkins nel suo articolo per SPorts Illustrated disse che Parseghian "Tie one for the Gipper", che suona come "lo pareggiò da delinquente". nel medesimo articolo Parseghian si espresse dicendo "We'd fought hard to come back and tie it up. After all that, I didn't want to risk giving it to them cheap. They get reckless and it could cost them the game. I wasn't going to do a jackass thing like that at this point."
Il risultato sportivo lasciò invariate le posizioni di AP poll per Irish e Spartans al #1 e #2, davanti comunque ad Alabama che chiuse la stagione anch'essa imbattuta ed inoltre senza pareggi. ND e MSU si divisero il MacArthur Trophy, mentre i Crimson Tide rimasero fuori dai giochi, e questo tutt'oggi è uno dei motivi di discussione originati da questa gara.

Curiosamente, nessuna delle due squadre campioni nazionali giocò bowls quell'anno: Notre Dame per scelta, Michigan State per la combinazione perversa di due norme della Big Ten, che non permettevano di giocare per due anni di fila il Rose Bowl ma contemporaneamente non permettevano alle squadre di Big Ten di giocare in nessun altro Bowl.

A seguito del tragicomico infortunio di Eddy, Notre Dame non effettuò mai più trasferte in treno. Le due squadre coprono le 160 miglia da South Bend a East Lansing in autobus.

giovedì 4 aprile 2013

Il Rose Bowl

Il Rose Bowl come soprannome ha “The Granddaddy of Them All” ed a ben vedere data la sua storia ultracentenaria che ne determina il grande prestigio. Il primo kick off infatti fu addirittura nel 1902 quando fu organizzata una gara di football nell’ambito della Rose Parade, per aiutare economicamente l’organizzazione della parata, ed il suo primo nome non fu particolarmente fantasioso: “Tournament East-West football game”, il primo di gennaio, avviando così la tradizione dei bowl nel giorno di capodanno. In quel primo bowl, giocato come i successivi fino al 1923 al Tournament Park di Pasadena, fu Michigan, guidata da Fielding H. Yost, a letteralmente massacrare Stanford 49-0 in tre quarti, dopodiché quest’ultima abbandonò la gara. Michigan chiuse la stagione imbattuta 11-0 e fu considerata campione nazionale.

Senza troppo indagare sulle motivazioni, la gara fu messa in ghiaccio per un quindicina di anni, sostituita da svariate manifestazioni come corse dei carri, ma tornò al suo posto per il primo di gennaio del 1916, quando lo State College of Washington (attualmente Washington State University) sconfisse la Brown University per 14-0. Il Bowl crebbe di interesse fino all’inizio degli anni ’20 quando il Tournament Park, nella zona del campus di California Tech, venne abbandonato per un nuovo impianto, costruito ad hoc e per questo chiamato proprio Rose Bowl. La capacità di pubblico del nuovo impianto variò diverse volte dalla sua costruzione terminata nel1922, tuttavia esso rimase l’impianto più grande degli Sati Uniti sino agli ultimi anni del XX secolo quando la capacità fu ridotta dai precedenti 104 mila e passa spettatori ad una cifra a cavallo dei 94.000, attualmente una nuova riconfigurazione lo ha portato a circa 92.500 posti, il settimo impianto più grande degli USA e l’unico impianto attualmente non utilizzato dalla NFL ad ospitare uno dei principali Bowl del college football. Ma chi veniva invitato a questo Bowl diventato così interessante per essere seguito dagli appassionati di questo sport? La prima squadra fino al 1946 era una della Pacific Coast Conference (PCC, antesignana della moderna Pacific-12 Conference) contro una squadra della costa est degli USA. Questo diede modo alla gara di far spesso incontrare squadre, coach e filosofie diverse ed a loro modo importanti, come la gara del 1925 tra i Four Horsemen di Notre Dame e la Stanford di Pop Warner o quello del 1940 tra i Trojans di Howard Jones e la Tennessee di Bob Neyland. Il periodo più buio della seconda guerra mondiale, successivo all’attacco giapponese di Pearl Harbor dell’8 dicembre del 1941mise in guardia l’intelligence americana anche riguardo la Rose Parade, con il suo milione di avventori, ed il Rose Bowl, che avrebbe concentrato quasi centomila persone in un’area ridotta come un campo da football. L’iniziale cancellazione della gara fu scongiurata dall’invito della Duke University alla Oregon State presso Durham, North Carolina. I Castori attraversarono l’America per vincere il loro primo e per ora unico Rose Bowl 20-16. 

Anche la lunga e sanguinosa seconda guerra mondiale finì e sebbene il football non si fosse mai fermato, ma semplicemente limitato a causa dei problemi nel muoversi e della mancanza di tanti giocatori impegnati al fronte, la stagione 1946 si può definire come la prima vera stagione postbellica, in cui iniziarono a giocarsi regolarmente i Rose Bowl tra la vincente della PCC e quella della Big Nine, le due conference si trovarono in sintonia anche nel trattare i propri ragazzi come amatori e non come semiprofessionisti (proposta proveniente dalle università del sud degli Stati Uniti), in più iniziò una fase di desegregazione dei ragazzi afroamericani che in altre parti del paese sarebbe arrivata con colpevole ritardo: la Southeastern Conference non ebbe atleti afroamericani in nessuna delle sue scuole fino al 1966. Il Cotton Bowl, l’Orange Bowl, ed il Sugar Bowl non accettarono atleti afroamericani rispettivamente fino al 1948, 1955 e 1956. La PCC si dissolse nel 1958 a causa di uno scandalo legato al pagamento degli atleti che solo pochi anni prima la conference si fregiava di ritenere amatori in tutte per tutto, il Rose Bowl rimase quindi orfano di uno dei due canali da cui attingere le squadre partecipanti, per la stagione 1959 invitò Washington, primo college campione della neonata Athletic Association of Western Universities (AAWU), come avversario di Wisconsin nel Rose Bowl del 1960. The Big Ten autorizzò ad accettare qualsiasi invito da parte degli organizzatori del Rose Bowl a loro discrezione, per testimoniare quanto fosse giá ritenuto prestigioso questo match. La AAWU siglò poi un accordo con il Rose Bowl che rimase in essere dalla gara del primo gennaio 1961 sino al l’avvento del BCS nel 1998. AAWU crebbe come Conference divenendo ufficialmente “Pacific-8″ nel 1968 (prima il termine era usato informalmente ed era legato semplicemente al numero di squadre presenti), e successivamente “Pacific-10″ con l’arrivo di Arizona e Arizona State nel 1978, la Big Ten Conference (che nei primi anni non aveva un accordo ufficiale con l’organizzazione, come testimoniato dal rifiuto di giocare la gara del 1962 da Ohio State senza incappare in penali) non ha mutato il proprio nome per tutto il periodo che ha separato il Bowl dall’arrivo del BCS. Entrambe le conference obbedivano peraltro ad una sorta di regola detta “no repeat” che prevedeva la non riproposizione dell’invito per due Nni consecutivi alla medesima squadra, a meno che questa non fosse campione della conference, la Big Ten ha abolito questa regola nel 1972. Altra regola che venne a cadere durante gli anni ’70 fu quella che impediva alle squadre partecipanti di giocare un qualsiasi altro Bowl della medesima post-season. Nel 1998, nel tentativo di ordinare l’intricatissimo e gelosamente custodito (dis)ordine del college football, fu creata la Bowl Championship Series, e questo per il Rose Bowl significò il dover dividere con gli altri tre Bowl della BCS i contendenti, cercando in tutti i modi di mantenere comunque il formato che prevedeva la presenza di una squadra della Pac-10 (attualmente Pac-12 con l’arrivo di Utah e Colorado nel 2011) ed una della Big Ten. In due occasioni, il Bowl valse come BCS championship game: nel 2002 si affrontarono la #1 Miami (Big East Conference) e #2 Nebraska (Big 12 Conference) con una polemica molto accesa sulla decisione di invitare quest’ultima piuttosto che Oregon, il che volle dire la mancata presenza di una squadra della costa ovest da quando esisteva il Bowl, e la prima volta dal 1946 in cui non si sarebbero fronteggiate Pac-10 e Big Ten. Nel 2006 fu il fenomenale Longhorns-Trojans 41-38 a rompere la consuetudine Pac-10 vs. Big Ten, ma questo cambio valse il maggior ascolto televisivo per una gara di college football da vent’anni. in altre due occasioni il Bowl fu rimaneggiato dal format consueto: nel 2003 gli organizzatori non poterono invitare Ohio State, impegnata nel Fiesta Bowl per il titolo nazionale, e nemmeno Iowa precedentemente selezionata per l’Orange Bowl, fu così che a Pasadena scese per la prima volta Oklahoma, contro Washington State. Nel 2005 scese in campo Texas (Big 12) preferita a California, ed il Rose Bowl rimase per la seconda volta orfano di una squadra della Pac-10. USC è il college più presente al Rose Bowl con 33 gare, seguono Michigan (20), Washington (14), Ohio State (14). Alabama, 4-1-1 di record al Rose Bowl, è la squadra non Pac-12 o Big Ten più presente. USC è anche quella che detiene in maggior numero di vittorie (24), seguita da Michigan (8), Washington (7) e Ohio State (7). I coach Howard Jones (5-0) e John Robinson (4-0) guidano la lista dei coach imbattuti alla gara della rosa, che nonostante il suo secolo abbondante, restituisce ancora un fascino difficilmente eguagliabile, quando lo stadio viene inondato dal sole della California nel tardo pomeriggio di ogni Capodanno.