sabato 25 maggio 2013

The Play

California-Stanford non può prescindere da quella che rimane una delle più emozionanti giocate della storia del football, talmente particolare e probabilmente irripetibile da essere semplicemente chiamata “the play” dagli appassionati.

Sono appena passati trent’anni dal Big Game del 1982, le immagini già classiche con colori spenti e scuri si rendono ancora più essenziali e fanno risaltare i cinque passaggi laterali dei Golden Bears, che finiscono l’azione a cronometro spento ormai da un pezzo e tra gli elementi della Stanford Band già posizionati nella redzone dei loro beniamini pronti a suonare per la vittoria.
Per l’85mo Big Game, al California Memorial Stadium, vedeva California in stagione positiva (6-4) e Stanford in pareggio (5-5) ed alla ricerca della W che gli avrebbe permesso di ambire ad un invito per un bowl, come testimoniava la presenza di organizzatori dell’Hall of Fame Classic presenti nell’impianto.
I Cardinal guidati da John Elway si trovavano sotto 19-17 verso la fine dell’ultimo quarto e sulla propria linea delle 13 yards con un quarto e 17 da convertire, con una giocata da 29 yards riuscirono ad uscire dalla situazione scabrosa e nelle successive azioni si portarono nel raggio da field goal e Elway istruito da Wiggin chiamò il timeout a 8 secondi dalla fine per permettere una eventuale ripetizione del calcio in caso di penalità. Mark Harmon non sbagliò dalle 35 e Stanford passò in vantaggio 20-19 trasformando il campo nella sede di un carnevale impazzito.
Risultato: 15 yards di penalità per il kickoff.
Vabbè ma chi se ne importava. La partita era finita. Come disse agli altoparlanti Joe Starkey "Only a miracle can save the Bears now!".
In realtà la partita, come insegnano tante situazioni, è finita non solo quando i cronometro tocca lo zero, ma quando la palla è considerata morta. Stanford fu costretta quindi a calciare dalle proprie 25 al posto che dalle 40, e California ebbe l’ultima possibilità e quel che lascia perplessi è che la sfrutto con soli dieci uomini, perchè nella confusione di quegli ultimi secondi qualcuno dimenticò che c’era da giocarsi l’ultima chance.
Poi Harmon calciò.
Squib Kick leggermente laterale sulla sinistra dello schieramento di Cal, dove sulle 45 Kevin Moen recuperò la palla, dopo un tentativo di avanzamento la passò a Richard Rodgers che era più largo sulla sinistra ma alla stessa altezza, questi scaricò quasi subito dietro di lui a Dwight Garner e si dedicò al bloccaggio, piuttosto infruttuoso, Garner corse incontro a cinque uomini di Stanford che lo abbatterono e sulla sideline dei Cardinal era già festa se non fosse che la palla non fu dichiarata morta e Garner, prima di toccare il suolo, la giocò sulla destra a Rodgers che arrivato sulle 45 di Stanford fu affrontato da altri quattro avversari, effettuò una pitch ancora a destra per Mariet Ford che corse spedito verso la redzone di Stanford dove i 144 ragazzi della banda si stavano già dirigendo verso il centro del campo.
Immaginate di avere in mano il pallone che vi fa vincere la partita, avete lottato 60 minuti contro della gente che, in caso di sconfitta, non parteciperà a nessun bowl, gente arrabbiata, gente che se potesse farti ingoiare quel pallone, pur di metterti per terra, lo farebbe. State portando il pallone verso la endzone senza avversari nei paraggi, e vi trovate davanti un muro di persone con tromboni, grancasse, e clarinetti. A Ford successe questo, l’indecisione davanti al bizzarro evento permise a tre giocatori di Stanford di piombargli addosso, Ford prima di cadere a terra tenne viva la palla con un passaggio cieco sul suo lato destro, sperando di trovare in traiettoria qualcuno che aveva seguito la giocata. Questo qualcuno c’era: Moen prese il passaggio sulle 25 e slalomò tra i ragazzi della banda musicale abbattendo un clarinettista e dando la vittoria a Cal 25-20. Charles Moffet, il referee, ricorda 
I wasn't nervous at all when I stepped out to make the call; maybe I was too dumb. Gee, it seems like it was yesterday. Anyway, when I stepped out of the crowd, there was dead silence in the place. Then when I raised my arms, I thought I had started World War III. It was like an atomic bomb had gone off”.
La bomba atomica. In effetti se ancora oggi parlate di questa giocata, gli animi si accendono: le analisi delle immagini fatte all'epoca sembrano dare ragione agli arbitri, Sports Illustrated, nell’autunno successivo, trovò che nella giocata l’unico errore di Cal fosse la presenza di quattro uomini nella restraining area prima del kickoff, ma questo non costituiva penalità, il quinto contestato passaggio (ritenuto da Stanford forward) era secondo SI “clearly thrown backwards”. La ABC analizzò i frame considerando la giocata in linea sulle 25 quindi legale. Tuttavia, durante le celebrazioni per il 25mo anniversario di The Play, la Bay Area News Group chiese a Verle Sorgen, il supervisore degli instant replay per la Pac-10, di rivedere le immagini con le moderne norme per la revisione, e Sorgen, pur non eccependo sulla decisione riguardante il terzo passaggio, si disse convinto che il quinto fosse stato rilasciato dalle mani di Ford sulle 22 e ricevuto da Moen sulle 20 e 1/2, quindi la sua decisione quale sarebbe stata?  Sorgen argutamente replicò "I would be tempted to reverse it...then go out and get the motor running in my car".
Paul Wiggin fu licenziato l'anno dopo con una stagione da 1-10, successivamente disse che The Play "had a big effect on our program, especially on recruiting". Andy Geiger, il direttore atletico, disse che quella sconfitta "devastated the program", e riguardo le accuse rivolte alla banda di aver ostacolato il recupero difensivo e la visione ottimale degli arbitri soprattutto per il famoso quinto passaggo, Geiger ebbe a dire "Although the Band did not cause the Play, it was typical that they would have been in the wrong place at the wrong time." da quel giorno i direttori della banda di Stanford passano le consegne al loro successore a quattro secondi dalla fine dell'annuale Stanford–Cal.
Almeno John Elway, che perse l'Heisman per quella gara, si rifece vincendo due Super Bowl...

sabato 4 maggio 2013

The game that changed the south


Era il primo gennaio del 1926, era il dodicesimo Rose Bowl della storia. Gli Huskies campioni PCC aspettavano di scendere in campo per mettere le mani, finalmente, sul loro primo Rose Bowl come pronosticato dalla stampa dopo una stagione con dieci vittorie ed un pareggio con Nebraska

La Tulane University, campione della Southern Conference in coabitazione con Alabama, il 4 dicembre precedente aveva spedito coach Shaughnessy a conferire con il direttore atletico di Oregon Jack Benefiel i dettagli della partecipazione, l’allenatore pareva essere uscito soddisfatto dalla riunione, pur rimarcando che era il rettore a dover autorizzare la trasferta in California per sfidare i grandi favoriti della costa ovest. Secondo quanto riportato poi in “The Wow Boys: A Coach, a Team, and a Turning Point in College Football” di Johnson, fu proprio l’amministrazione del college a declinare l’invito considerando i propri ragazzi troppo “small” per competere con gli universitari di Seattle.

L’attenzione si era quindi spostata un po’ a sorpresa sull’altro emergente college del South, ovvero i co-campioni di Alabama, portati ad una ottima stagione da coach Wallace Wade al terzo anno a Tuscaloosa: solo Birminghiam Southern era riuscita a segnare un TD ai cremisi. Si trattava del primo bowl a cui Alabama partecipava da quando esisteva il suo programma sportivo, degno coronamento della stagione regolare chiusasi con nove vittorie su nove gare.

Il Bowl, all’epoca l’unico nel panorama del college football, era per la prima volta trasmesso con telecronaca diretta radiofonica di Charles Paddock, l’America guardava a Pasadena, dove allo stadio si assiepavano 55.000 spettatori. E lo spettacolo ripagò ampiamente i radioascoltatori e soprattutto i presenti, tanto da diventare, nell’immaginario comune, uno dei match più belli oltre che essere un punto di svolta nella storia degli equilibri di questo sport.

Ma la gara non presagiva tutto questo, soprattutto nei primi minuti. All’intervallo lungo, gli Huskies guidavano 12-0 grazie ad una maiuscola prestazione del runningback George Wilson con 174 yard di corsa, e cinque passaggi per 77 yard sulle  trecento di squadra, che avevano portato ad un TD per tempo, macchiati solo dalle due trasformazioni fallite dal receiver/kicker George Guttormsen.

Onestamente, ad Alabama serviva una specie di miracolo per raddrizzare una gara che aveva un’inerzia decisamente a loro sfavore. Fu l’infortunio di Wilson che lo tenne fuori la miseria di 22 minuti (di cui tutto il terzo quarto), a riaccendere i Crimson Tide, capaci in quei pochi giri di lancetta di segnare tutti i venti punti del loro Rose Bowl. Pooley Hubert diede i primi sei punti con una corsa dalla linea della iarda, il seguente calcio di Bill Buckler portò Alabama al -5 (12-7), dopo aver forzato gli Huskies al punt, Grant Gillis lanciò Johnny Mack Brown sulle 25 di Washington con il nulla davanti eccetto un avversario che il ricevitore di Alabama eluse per il 13-12 arrotondato da un nuovo calcio di Buckler. Il momento d’oro di Alabama si chiuse con un fumble sulle 30 degli Huskies, Hubert lanciò 27 yard di passaggio a Mack Brown che si fece gli ultimi tre passi attorniato dagli avversari ma superando la goal line, Buckler fallì la trasformazione che volle dire 20-12, e gli ultimi minuti di sofferenza per la squadra di Wade che si ritrovava di nuovo contro  Wilson, tornato in campo per gli ultimi minuti. Guttormsen si fece perdonare in parte i kick falliti nella prima metà di gara prendendo il passaggio di Wilson e riportando Washington a -2, la trasformazione affidata al piede di Cook dimezzò lo svantaggio ma gli Huskies non riuscirono ad andare oltre, fermandosi ad un’incollatura dal loro primo trofeo, che riuscirono a vincere solo trentaquattro anni dopo, nel 1960 contro Wisconsin.

La Alabama di Wallace Wade, con quella vittoria thrilling su Washington, iniziò quella che viene conosciuta come "Age of Dixie" dove le squadre del Sud (Tulane, Alabama, Georgia Tech) che disputeranno sette Rose Bowl vincendone tre e pareggiandone uno, giungendo ad avere cinque squadre campioni nazionali. Oltre a far erompere alabama nell’olimpo del college football, il match è da tutti ricordato come "the game that changed the south" perchè da questo momento, la suddivisione della rivalità non sarà più bipolare tra est e ovest, ma troverà nel sud degli Stati Uniti una terza area di competizione che guadagnerà rapidamente importanza, guidata da quella stessa Alabama che dopo il Rose Bowl del 1926 rivincerà il titolo nazionale altre quattordici volte.